Si parla tanto in questi tempi del cosiddetto tesoretto, cioè di quella voce positiva per i conti pubblici rappresentata da un gettito fiscale superiore alle previsioni.
E se ne parla continuamente perché si è aperto il problema del suo utilizzo.
immediato.
Non ho alcuna intenzione di addentrarmi in questo campo specifico, ma vorrei svolgere una breve riflessione a partire da qualche passo della Bibbia in cui ricorre la parola tesoro.
Il più importante è senza dubbio quello che si trova nel discorso della montagna in cui si legge questa massima: “Là dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”.
Quando qualcosa si configura ai nostri occhi come tesoro, c’è una sorta di mobilitazione di tutte le energie in ordine alla conquista, al possesso, alla difesa, al godimento di ciò che rappresenta il bene più grande o il senso più alto della propria esistenza.
Lo ha fatto capire chiaramente Gesù con quella piccola parabola in cui il protagonista, dopo avere rinvenuto un tesoro in un campo, impegna tutte le sue risorse per venirne in possesso con le garanzie della legge.
Il problema è di non sbagliare nel giudicare tesoro ciò che potrebbe non esserlo.
E qui la questione si fa particolarmente delicata.
Rimane sempre vero che il cuore dimora là dove ha trovato il suo tesoro, ma se questo è costituito da beni provvisori e peribili, il cuore può assumere facilmente un atteggiamento possessivo ed esclusivo, rinnegando la bellezza di un’adesione limpida che abbia le connotazioni dello stupore e della condivisione.
È ciò che si può osservare nelle divisioni delle eredità, o anche, sia pure sotto un diverso profilo, nelle discussioni attuali riguardanti la collocazione del cosiddetto tesoretto.
Quando si tratta di spartire beni immediatamente fruibili, è facile che insorga un animus predatorio che cancella totalmente le ragioni del cuore.
A questo punto, sempre sul tema del rapporto che esiste tra cuore e tesoro, vorrei fare appello a una bellissima affermazione che si trova nel libro del Siracide: “Chi trova un amico, trova un tesoro”.
Si tratta di una verità talmente sentita che nel linguaggio di due persone che si amano è facile che ricorrano ancora espressioni di questo tipo: “Mio tesoro…; tesoro mio…”.
In questo caso è il cuore che inventa, per così dire, il tesoro.
Potrebbe trattarsi di una persona semplice, senza alcuna di quelle qualità che rappresentano una fortuna agli occhi del mondo.
Eppure, per un cuore che ama, assume il valore di un bene unico, incomparabile, insostituibile.
Perciò la frase gia citata del vangelo potrebbe tradursi in quest’altra affermazione: “Là dove è il tuo cuore, là sarà anche il tuo tesoro”.
È il cuore che ha il potere di trasfigurare la realtà rendendo grande ciò che è piccolo, luminoso ciò che è oscuro, straordinario ciò che è usuale.
E il cuore che sente i passi della presenza nascosta di Dio.
Molti si chiedono: “E’ utile la fede?” e cercano le ragioni che la possano rendere proponibile e plausibile.
Ma la fede non si regge su argomentazioni di tipo apologetico.
La fede è una questione soprattutto di amore e come tale sa intuire la stupenda prodigalità di un Dio che va disseminando i suoi prodigi rivestendoli della bellezza della discrezione.
E’ quello che Gabriel Garcia Marquez ha tentato di suggerire con un breve scritto intitolato Saluto agli amici, di cui mi piace citare qualche passo tra i più espressivi del suo intenso pathos religioso.
“Se per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di pezza e mi regalasse un pezzo di vita, (…) dormirei poco, sognerei di più, capirei che per ogni minuto in cui chiudiamo gli occhi perdiamo sessanta secondi di luce.
Camminerei quando gli altri si fermano, starei sveglio quando gli altri dormono.
Dio mio, se io avessi un cuore scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei che si sciogliesse al sole. Annaffierei con le mie lacrime una rosa, per sentire il dolore delle sue spine e il bacio carnoso dei suoi petali.
Dio mio, se io avessi un pezzo di vita, non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo. Convincerei ogni donna e uomo che sono i miei favoriti e vivrei innamorato dell’amore. Agli uomini dimostrerei quanto si stanno sbagliando pensando che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi!
A un bambino darei ali, però lascerei che imparasse da solo a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia, ma con l’oblio.”
E se ne parla continuamente perché si è aperto il problema del suo utilizzo.
immediato.
Non ho alcuna intenzione di addentrarmi in questo campo specifico, ma vorrei svolgere una breve riflessione a partire da qualche passo della Bibbia in cui ricorre la parola tesoro.
Il più importante è senza dubbio quello che si trova nel discorso della montagna in cui si legge questa massima: “Là dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”.
Quando qualcosa si configura ai nostri occhi come tesoro, c’è una sorta di mobilitazione di tutte le energie in ordine alla conquista, al possesso, alla difesa, al godimento di ciò che rappresenta il bene più grande o il senso più alto della propria esistenza.
Lo ha fatto capire chiaramente Gesù con quella piccola parabola in cui il protagonista, dopo avere rinvenuto un tesoro in un campo, impegna tutte le sue risorse per venirne in possesso con le garanzie della legge.
Il problema è di non sbagliare nel giudicare tesoro ciò che potrebbe non esserlo.
E qui la questione si fa particolarmente delicata.
Rimane sempre vero che il cuore dimora là dove ha trovato il suo tesoro, ma se questo è costituito da beni provvisori e peribili, il cuore può assumere facilmente un atteggiamento possessivo ed esclusivo, rinnegando la bellezza di un’adesione limpida che abbia le connotazioni dello stupore e della condivisione.
È ciò che si può osservare nelle divisioni delle eredità, o anche, sia pure sotto un diverso profilo, nelle discussioni attuali riguardanti la collocazione del cosiddetto tesoretto.
Quando si tratta di spartire beni immediatamente fruibili, è facile che insorga un animus predatorio che cancella totalmente le ragioni del cuore.
A questo punto, sempre sul tema del rapporto che esiste tra cuore e tesoro, vorrei fare appello a una bellissima affermazione che si trova nel libro del Siracide: “Chi trova un amico, trova un tesoro”.
Si tratta di una verità talmente sentita che nel linguaggio di due persone che si amano è facile che ricorrano ancora espressioni di questo tipo: “Mio tesoro…; tesoro mio…”.
In questo caso è il cuore che inventa, per così dire, il tesoro.
Potrebbe trattarsi di una persona semplice, senza alcuna di quelle qualità che rappresentano una fortuna agli occhi del mondo.
Eppure, per un cuore che ama, assume il valore di un bene unico, incomparabile, insostituibile.
Perciò la frase gia citata del vangelo potrebbe tradursi in quest’altra affermazione: “Là dove è il tuo cuore, là sarà anche il tuo tesoro”.
È il cuore che ha il potere di trasfigurare la realtà rendendo grande ciò che è piccolo, luminoso ciò che è oscuro, straordinario ciò che è usuale.
E il cuore che sente i passi della presenza nascosta di Dio.
Molti si chiedono: “E’ utile la fede?” e cercano le ragioni che la possano rendere proponibile e plausibile.
Ma la fede non si regge su argomentazioni di tipo apologetico.
La fede è una questione soprattutto di amore e come tale sa intuire la stupenda prodigalità di un Dio che va disseminando i suoi prodigi rivestendoli della bellezza della discrezione.
E’ quello che Gabriel Garcia Marquez ha tentato di suggerire con un breve scritto intitolato Saluto agli amici, di cui mi piace citare qualche passo tra i più espressivi del suo intenso pathos religioso.
“Se per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di pezza e mi regalasse un pezzo di vita, (…) dormirei poco, sognerei di più, capirei che per ogni minuto in cui chiudiamo gli occhi perdiamo sessanta secondi di luce.
Camminerei quando gli altri si fermano, starei sveglio quando gli altri dormono.
Dio mio, se io avessi un cuore scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei che si sciogliesse al sole. Annaffierei con le mie lacrime una rosa, per sentire il dolore delle sue spine e il bacio carnoso dei suoi petali.
Dio mio, se io avessi un pezzo di vita, non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo. Convincerei ogni donna e uomo che sono i miei favoriti e vivrei innamorato dell’amore. Agli uomini dimostrerei quanto si stanno sbagliando pensando che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi!
A un bambino darei ali, però lascerei che imparasse da solo a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia, ma con l’oblio.”
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